Thomas Sangermani Psicologo Psicoterapeuta – Vigevano Cilavegna Pavia

thomas.sangermani@gmail.com

Anoressia Nervosa

Di che cosa si tratta

Con anoressia nervosa si intende un disturbo caratterizzato da una restrizione alimentare (solitamente mediante digiuno) causata da una persistente paura di aumentare di peso. Secondo il modello cognitivo-comportamentale di Fairburn (Fairburn, Marcus e Wilson), il nucleo psicopatologico centrale che mantiene il Disturbo Alimentare è determinato da un’eccessiva preoccupazione per il peso, per le forme corporee e il loro controllo: la maggior parte delle persone si valuta in base al proprio valore in diversi ambiti di vita, come scuola, amicizie, lavoro, relazioni, affetti; le persone con disturbo alimentare giudicano loro stesse prevalentemente in base al peso e alle forme del corpo; da questo derivano poi comportamenti e credenze disfunzionali (La Mela 2016).
Tra le principali caratteristiche dei disturbi alimentari si annoverano:

– Pensieri e preoccupazioni per il cibo, peso e forma del corpo, in quanto spesso accompagnate da emozioni negative intense, quali ansia, delusione, vergogna o colpa, motivando una tendenza al controllo in questi 3 campi (Sassaroli e Ruggiero 2008)

– La restrizione alimentare: nel regime alimentare restrittivo -al di là del fatto che la persona ci riesca o meno- il cibo perde il suo principale valore di nutrimento e piacere, per assumere valori con connotazione negativa;

– Comportamenti compensatori: possono essere eliminativi (come il vomito autoindotto) o non eliminativi (come il digiuno)

– Disturbo dell’immagine corporea, che può esprimersi come:

  • Insoddisfazione per l’aspetto fisico
  • Attribuzione di eccessiva importanza alla forma del corpo e al peso
  • Evitamento di contesti sociali in cui è possibile un giudizio sulla propria figura
  • Percezione distorta del corpo

QUALI SONO I PRINCIPALI SINTOMI

I principali criteri diagnostici per l’anoressia nervosa indicati dal DSM-5 (APA 2013) sono i seguenti:

A. Restrizione nell’assunzione di calorie, che porta ad un peso corporeo significativamente basso

B. Intensa paura di aumentare di peso e di diventare grassi

C. Alterazione del modo in cui sono vissuti dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, oppure mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale sottopeso

Tale tipo di condizione viene a verificarsi a seguito di comportamenti che implicano dieta, digiuno o attività fisica eccessiva (restrizioni) oppure abbuffate o condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso di lassativi)

trattamento

Secondo Fairburn (Fairburn 2008) il trattamento cognitivo-comportamentale è ideato per un IMC compreso tra 15 e 40 e andrebbe effettuato in collaborazione con dietista e medico.
Il primo obiettivo è pertanto una stabilizzazione del quadro organico, dopodiché si possono condurre i colloqui psicologici.

Il trattamento del nucleo psicopatologico è comune nei 3 disturbi, differenziandosi solamente per le tecniche impiegate per il trattamento dei sintomi specifici: la restrizione per l’Anoressia nervosa, le abbuffate e il vomito per la bulimia nervosa, l’iperalimentazione continua per il disturbo di alimentazione incontrollata.

1. Per quanto riguarda la regolarizzazione dell’alimentazione e la normalizzazione del peso, questi sono un prerequisito fondamentale da cui dipendono anche gli altri cambiamenti. La terapia cognitivo comportamentale prevede già nella prima fase del percorso l’introduzione del monitoraggio del peso in seduta e della pianificazione alimentare

2. Vanno poi affrontate le restrizioni alimentari, mediante un’analisi dei vantaggi e degli svantaggi

3. Affrontare l’eccessiva valutazione del peso e della forma, ossia il giudicare il proprio valore principalmente o esclusivamente in base a quanto dicono la bilancia per il peso e lo specchio per la forma.
Questo risulta essere l’obiettivo centrale del trattamento.

Spesso è possibile poi vedere come pazienti con disturbi alimentari si impongono standard prestazionali elevatissimi: soltanto il raggiungimento del massimo è da loro valutato come accettabile e tollerabile, qualunque risultato inferiore viene interpretato come un fallimento, atto a testimoniare la propria incapacità e inadeguatezza. Ulteriore momento di confronto riguarderà pertanto la messa in discussione di questo modo di vedere e interpretare gli eventi.

Altra cosa su cui è possibile agire è la bassa tolleranza alla frustrazione, che sovente è presente: in tal senso è utile evidenziare la natura transitoria degli stati emotivi.

Infine, l’ultima fase del trattamento prevede una prevenzione delle ricadute (La Mela 2016).

 

Bibliografia

APA – American Psychiatric Association (2013), Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5), American Psychiatric Association, Washington DC; ediz. it. DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione, a cura di M. Biondi, R. Cortina, Milano 2014.

Fairburn C.G. (2008), La terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi dell’alimentazione, trad. it. Eclipsi, Firenze 2010.

Fairburn C.G., Marcus M.D., Wilson G.T. (1993), Cognitive-behavioral therapy for binge eating and bulimia nervosa: a comprehensive treatment manual, in C.G. Fairburn, G.T. (Wilson (eds.), Binge Eating: Nature, assessment and treatment, Guilford Press, New York, pp. 361-404.

La Mela C. (2016), I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale, a cura di C. La Mela, Maddali e Bruni, Firenze.

Sassaroli S., Ruggiero G.M. (2008)ì, The Control and Worry-centred Treatment of Eating Disorders (CWT-ED), in <<International Journal of Child and Adolescent Health>>, 2, pp. 229-242.

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