Disturbo Da Stress Post-Traumatico
Di che cosa si tratta
Una risposta di ansia e paura rappresenta il normale esito di un’esperienza traumatica e, nella maggior parte dei casi, si risolve spontaneamente in poco tempo.
Il DSM-5 (APA 2013) conferma infatti la presenza della categoria del Disturbo da Stress Acuto per descrivere la reazione a traumi, che dura da un minimo di 3 giorni ad un massimo di 4 settimane e presenta almeno 3 sintomi dissociativi tra amnesia dissociativa, depersonalizzazione, derealizzazione, riduzione della consapevolezza dell’ambiente circostante, sensazione soggettiva di insensibilità, distacco o assenza di reattività emozionale. Vi sono tuttavia eventi stressanti riguardanti la morte, gravi lesioni o violenze sessuali (vissute dalla persona stessa o da persone a lui vicine) che non riescono ad essere elaborate correttamente in quanto modificano profondamente la visione di sé e del mondo. Il disturbo da stress post traumatico ha infatti una durata superiore ad un mese, senza remissione spontanea: questo è dovuto ad un’incapacità di integrare un’esperienza traumatica.
Tutto ciò porta ad una ripetitiva intrusione nella coscienza di ricordi dolorosi, unita ad una forte attivazione neurovegetativa (marcata attivazione dell’arousal); i continui tentativi di impedire il ritorno delle memorie dolorose, conducono inoltre ad un peggioramento dei sintomi (Van der Kolk e Van der Hart 1989).
QUALI SONO I PRINCIPALI SINTOMI
I primi due criteri del DSM-5 (APA 2013) per il disturbo da stress post traumatico sono:
A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione o violenza sessuale in uno o più dei seguenti modi:
- fare esperienza diretta di un evento traumatico (per esempio aver vissuto un bombardamento, un incidente, un maltrattamento fisico e/o psicologico)
- venire a conoscenza di un evento traumatico accaduto ad un membro della propria famiglia oppure ad un amico stretto (ad esempio torture in un campo di concentramento)
- fare esperienza diretta di dettagli crudeli dell’evento traumatico (es vedere corpi squartati, sentire pianti o grida strazianti)
B. Presenza di uno o più sintomi intrusivi quali:
- Ricordi ricorrenti involontari e spiacevoli dell’evento
- Sogni spiacevoli o incubi
- Reazioni dissociative (quali flashback) come se il soggetto stesse rivivendo l’evento
- Intenso disagio con gli stimoli che possono ricordare l’accaduto
- Marcate reazioni fisiologiche (es. ansia e tremori) a fattori che possono ricondurre in qualche modo all’evento
trattamento
Scopo del trattamento non è quello di eliminare per sempre nella persona i ricordi stressanti dell’evento (De Silva e Marks 1999), ma quello di rendere i ricordi intrusivi più gestibili e meno frequenti.
L’intervento su questo disturbo può prevedere oltre ad sostegno psicologico, un sostegno sociale e un trattamento farmacologico nelle prime fasi del trattamento.
Le tecniche cognitivo-comportamentali utilizzate (La Mela 2016) sono:
1) Tecniche di esposizione, finalizzate ad un’evocazione dell’ansia e abituazione a questa
2) Ristrutturazione cognitiva, che modifichi convinzioni e pensieri irrazionali
3) Tecniche di gestione dell’ansia, per insegnare alla persona abilità di coping specifiche (ossia strategie mentali e comportamentali utilizzate per fronteggiare situazioni stressanti).
Bibliografia
APA – American Psychiatric Association (2013), Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5), American Psychiatric Association, Washington DC; ediz. it. DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione, a cura di M. Biondi, R. Cortina, Milano 2014.
De Silva P., Marks M. (1999), The role of traumatic experiences in the genesis of obsessive-compulsive disorder, in <<Behaviour Research and Therapy>>, 37, pp. 941-951.
La Mela C. (2016), I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale, a cura di C. La Mela, Maddali e Bruni, Firenze.
Van Der Kolk B., Van Der Hart O. (1989), Pierre Janet and the breakdown of adaptation in psycological trauma, in <<American Journal of Psychiatry>>, 146 (12), pp. 1530-1540.