Bulimia Nervosa
Di che cosa si tratta
Con Bulimia Nervosa si intende un disturbo caratterizzato dall’alternanza di abbuffate a comportamenti compensatori atti a prevenire l’aumento di peso, quali ad esempio vomito autoindotto o uso di lassativi.
Secondo il modello cognitivo-comportamentale di Fairburn (Fairburn, Marcus e Wilson),il nucleo psicopatologico centrale che mantiene il Disturbo Alimentare è determinato da un’eccessiva preoccupazione per il peso, per le forme corporee e il loro controllo: la maggior parte delle persone si valuta in base al proprio valore in diversi ambiti di vita, come scuola, amicizie, lavoro, relazioni, affetti; le persone con disturbo alimentare giudicano loro stesse prevalentemente in base al peso e alle forme del corpo; da questo derivano poi comportamenti e credenze disfunzionali (La Mela 2016).
Tra le principali caratteristiche dei disturbi alimentari si annoverano:
– Pensieri e preoccupazioni per il cibo, peso e forma del corpo, in quanto spesso accompagnate da emozioni negative intense, quali ansia, delusione, vergogna o colpa, motivando una tendenza al controllo in questi 3 campi (Sassaroli e Ruggiero 2008)
– Le abbuffate, non tanto per la quantità di cibo assunta -che può essere oggettiva o soggettiva- ma per la sensazione di perdita di controllo nell’assunzione di cibo, per la segretezza con cui si mangia e la rapidità nel mangiare
– Comportamenti compensatori: possono essere eliminativi (come il vomito autoindotto) o non eliminativi (come il digiuno)
– Disturbo dell’immagine corporea, che può esprimersi come:
- Insoddisfazione per l’aspetto fisico
- Attribuzione di eccessiva importanza alla forma del corpo e al peso
- Evitamento di contesti sociali in cui è possibile un giudizio sulla propria figura
- Percezione distorta del corpo
QUALI SONO I PRINCIPALI SINTOMI
I principali criteri diagnostici per la bulimia nervosa indicati dal DSM-5 (APA 2013) sono i seguenti:
La bulimia nervosa è invece caratterizzata da ricorrenti episodi di abbuffata.
A. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da
- Mangiare in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo superiore a quella che altri individui assumerebbero in simili circostanze
- Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio, cioè sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o controllare cosa e quanto si sta mangiando
B. Ricorrenti condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, uso di lassativi
C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano almeno una volta la settimana per 3 mesi
D. L’autostima è indebitamente influenzata dalla forma e dal peso del corpo
trattamento
Secondo Fairburn (Fairburn 2008) il trattamento cognitivo-comportamentale è ideato per un IMC compreso tra 15 e 40 e andrebbe effettuato in collaborazione con dietista e medico.
Il primo obiettivo è pertanto una stabilizzazione del quadro organico, dopodiché si possono condurre i colloqui psicologici.
Il trattamento del nucleo psicopatologico è comune nei 3 disturbi, differenziandosi solamente per le tecniche impiegate per il trattamento dei sintomi specifici: la restrizione per l’Anoressia nervosa, le abbuffate e il vomito per la bulimia nervosa, l’iperalimentazione continua per il disturbo di alimentazione incontrollata.
1. Per quanto riguarda la regolarizzazione dell’alimentazione e la normalizzazione del peso, questi sono un prerequisito fondamentale da cui dipendono anche gli altri cambiamenti. La terapia cognitivo comportamentale prevede già nella prima fase del percorso l’introduzione del monitoraggio del peso in seduta e della pianificazione alimentare
2. Vanno poi affrontate le abbuffate e i comportamenti di compenso, mediante un’analisi dei vantaggi e degli svantaggi
3. Affrontare l’eccessiva valutazione del peso e della forma, ossia il giudicare il proprio valore principalmente o esclusivamente in base a quanto dicono la bilancia per il peso e lo specchio per la forma.
Questo risulta essere l’obiettivo centrale del trattamento.
Spesso è possibile poi vedere come pazienti con disturbi alimentari si impongono standard prestazionali elevatissimi: soltanto il raggiungimento del massimo è da loro valutato come accettabile e tollerabile, qualunque risultato inferiore viene interpretato come un fallimento, atto a testimoniare la propria incapacità e inadeguatezza. Ulteriore momento di confronto riguarderà pertanto la messa in discussione di questo modo di vedere e interpretare gli eventi.
Altra cosa su cui è possibile agire è la bassa tolleranza alla frustrazione, che sovente è presente: in tal senso è utile evidenziare la natura transitoria degli stati emotivi.
Infine, l’ultima fase del trattamento prevede una prevenzione delle ricadute (La Mela 2016).
Bibliografia
APA – American Psychiatric Association (2013), Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5), American Psychiatric Association, Washington DC; ediz. it. DSM-5 Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione, a cura di M. Biondi, R. Cortina, Milano 2014.
Fairburn C.G. (2008), La terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi dell’alimentazione, trad. it. Eclipsi, Firenze 2010.
Fairburn C.G., Marcus M.D., Wilson G.T. (1993), Cognitive-behavioral therapy for binge eating and bulimia nervosa: a comprehensive treatment manual, in C.G. Fairburn, G.T. (Wilson (eds.), Binge Eating: Nature, assessment and treatment, Guilford Press, New York, pp. 361-404.
La Mela C. (2016), I protocolli clinici della terapia cognitivo-comportamentale, a cura di C. La Mela, Maddali e Bruni, Firenze.
Sassaroli S., Ruggiero G.M. (2008)ì, The Control and Worry-centred Treatment of Eating Disorders (CWT-ED), in <<International Journal of Child and Adolescent Health>>, 2, pp. 229-242.